martedì 13 maggio 2008

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sabato 29 marzo 2008

Digiuno - Paolo Testa.

Digiuno: via di Guarigione - Paolo Testa.

Il digiuno come via di guarigione e di realizzazione psicologica e religiosa
di Paolo Testa - Psicoterapeuta

E' nota la storia del vecchio saggio che, chiamato a salvare un villaggio dalla siccità, si apparta a digiunare e meditare per tre giorni; al tramonto del terzo giorno cade la pioggia come una benedizione per gli abitanti del villaggio che, stupiti e meravigliati chiedono al saggio come abbia mai potuto ottenere un tale prodigio."Mettendo ordine in me stesso il mondo esterno si è di conseguenza riequilibrato", è la risposta del saggio.

La metafora esprime correlativamente la trasformazione che puo' compiere l'uomo ricorrendo al digiuno e alla meditazione. Le tradizioni religiose ed esoteriche, sia orientali che occidentali, ben conoscevano queste trasformazioni e lo prescrissero come metodo per purificare il corpo e la mente e come via d'accesso verso dimensioni transegoiche e spirituali.

Al tempo stesso il digiuno è una pratica istintiva e naturale a cui ricorre l'animale ferito o malato, che si apparta ed isola astenendosi dal cibo sino al ricupero delle forze vitali ed alla guarigione.

Sono note inoltre le condizioni eccezionali del digiuno animale durante il letargo invernale o durante periodi peculiari di trasformazione quali la stagione degli amori: è l'esempio dei salmoni che interrompono l'assunzione del cibo quando percorrono il viaggio estenuante a ritroso lungo i fiumi per cercare luoghi adatti alla riproduzione.

Il digiuno è conosciuto in ambito antropologico: si pensi alla popolazione degli Hunza del Tibet, le cui eccezionali condizioni di salute sono state attribuite, oltre che allo stile di vita ed alle condizioni sociali equilibrate ed eccezionali, al periodo di semi-digiuno che dovevano affrontare data la scarsità del cibo nel periodo invernale (Bircher R.,1980).

Meno noto è sicuramente l'uso del digiuno come strumento di disintossicazione del corpo e di prevenzione ma anche guarigione dalle malattie: è il caso del digiuno idrico igienista, adottato dalla Naturopatia e in particolare dall'Igiene Naturale, un movimento sorto nel secolo scorso per opera di alcuni medici e naturopati che anticiparono gli attuali contributi della Psicologia della Salute proponendo un' originale interpretazione del ruolo della patologia all'interno del "Sistema uomo" e prescrivendo la pratica del digiuno e la promozione di uno stile di vita "conforme alle leggi della Natura" come via di guarigione e di mantenimento della salute olistica.

Riferimenti al digiuno sono presenti nella letteratura medica ufficiale di tutto il mondo che riportano ricerche sui cambiamenti fisiologici e sugli effetti terapeutici che accompagnano l'astinenza dal cibo. ( Sidhwa K., 1991; Gazzeri G. 1991).

Il digiuno è quindi stato ed è utilizzato in contesti e con finalità differenti essendo un fenomeno noto e conosciuto nel suo aspetto antropologico, religioso e terapeutico. Cionondimeno la ricerca scientifica e accademica ha trascurato e tende tuttora a trascurare la possibilità della valutazione sistematica degli effetti e dei fenomeni che si verificano quando l'uomo si astiene dal cibo: intento di questo intervento sarà quello di fornire una definizione ed una sistematizzazione della pratica del digiuno al fine di invitare esplicitamente i ricercatori ed il mondo accademico all'indagine sperimentale delle trasformazioni biochimiche, fisiologiche e psicologiche che caratterizzano questa pratica.

Definizione e delimitazione della metodologia del digiuno

Esistono differenti modalità pratiche di digiunare e vari autori utilizzano il termine digiuno con riferimento a metodologie differenti. Nel definire e delimitare la pratica del digiuno faccio riferimento ad una strutturata metodologia maturata dalle osservazioni e dalle ricerche dei medici igienisti e naturopati e dalla mia personale esperienza nell'assistenza e conduzione di gruppi di digiuno.

Il digiuno è inanzitutto una scelta responsabile adottata da una persona che si è documentata sugli effetti e sulle possibilità di questa pratica.

Questa scelta è indirizzata verso un metodo di guarigione, di prevenzione e di realizzazione personale che consiste nella completa astinenza dal cibo in condizioni di ritiro dalle attività quotidiane e lavorative per un periodo limitato nel tempo, mediamente 5-15 giorni, limitando l'organismo all'assunzione della sola acqua oligominerale.

Questo metodo si differenzia da altre forme di digiuno "mitigato" che comprendono l'assunzione del cibo sotto forma di succhi freschi di frutta e verdura, coadiuvati da tisane e decotti depurativi; e si differenzia dalle diete di sola frutta e dalle diete vegetariane in genere, attivando rispetto a queste determinati e peculiari processi di compensazione fisiologica e di regolazione omeostatica.Cionondimeno le diverse forme del digiuno e i diversi regimi alimentari hanno indicazioni,controindicazioni ed effetti che in questa sede non è possibile analizzare. Basti quindi per ora limitare il campo di questo intervento al digiuno idrico.

La metodologia del digiuno prevede un periodo di preparazione all'astensione dal cibo con un regime alimentare di disintossicazione consistente nella progressiva eliminazione dei cibi solidi sino ad arrivare all'assunzione di soli liquidi (succhi freschi di frutta), alla sospensione di farmaci e all'eliminazione di sostanze tossiche o eccitanti.La fase della rialimentazione sucessiva al digiuno ricalcherà nel modo inverso la fase preparatoria, garantendo il progressivo ripristino e riassestamento delle naturali funzioni fisiologiche.La durata del digiuno può variare in base alle condizioni psicofisiche dell'individuo (peso, tipologia, condizione energetica, eventuale patologia). Sebbene vi sia la possibilità di digiunare per periodi di tempo prolungati (oltre 30 giorni,) ritengo che la durata media di 5-15 giorni, preceduti da una buona fase preparatoria è da cosiderarsi efficace oltre che sicura.La particolare condizione dell'astinenza dal cibo richiede, onde facilitare l'evoluzione dei processi fisiologici e psicologici, che il digiunante sia a riposo in situazioni residenziali di ritiro dalle attività lavorative e quotidiane.

Le attività di assistenza richiedono a seconda della specificità dell'equipe il ricorso a tecniche psicocorporee (come esercizi di yoga, bioenergetica, qi-qong, rebirthing) o l'eventuale utilizzo di pratiche naturopatiche e l'intregazione con le medicine umanistiche (dall'agopuntura, all'omeopatia, al reiki, ecc..). (Bauer E. 1991).

Altrove (Testa P., 1994) ho descritto un approccio integrato al digiuno, ove ho sottolineato la necessità di affiancare interventi di consulenza psicologica e di psicoterapia all'esperienza dell'astensione dal cibo, per consentire il contenimento e l'elaborazione del vissuto emotivo della persona che digiuna e soprattutto per consolidare la mobilitazione delle risorse inconsce verso il cambiamento esistenziale e l'adozione di uno stile di vita tendente al benessere. Ritengo che il ricorso alle tecniche di evoluzione della coscienza, come la psicoterapia e la meditazione, sia essenziale nel rendere il digiuno uno strumento che non si limiti alla cura della malattia ma che svolga un ruolo determinante nella promozione e nel mantenimento della salute (intesa come capacità di funzionamento armonico dell'organismo nella sua dimensione biopsicospirituale). Infatti il digiuno è un esperienza umana fondamentale, che trascende la semplice riduzione dell'apporto alimentare.

Dalle suddette considerazioni deriva la neccessità di:

  • elaborare un modello operativo di riferimento in grado di comprendere in modo olistico l'osservazione dei fenomeni che accadono durante il digiuno;
  • definire metodologie e modalità di assistenza ed intervento al digiuno che sappiano considerare l'integrità ecologica del sistema uomo;
  • elaborare possibili vie di integrazione con le Medicine Umanistiche e con le psicoterapie;- sperimentare e valutare scientificamente gli effetti ed i limiti del digiuno.

Il modello olistico

Nel parlare di modello olistico intendo riferirmi ad un approccio che consideri l'uomo nella sua multidimensionalità e quindi consideri la malattia in modo globale come determinata dall'interazione complessa di fattori ambientali, alimentari, relazionali, energetici, psicologici e spirituali. Un modello quindi che bypassi l'attuale riduzionismo materialista-meccanicista e porti a riconsiderare, in modo laico e scientifico, gli aspetti psicologici e psicoenergetici dell'essere umano nonchè quelli transpersonali, al fine di aiutare il processo di trasformazione da un uomo malato in un mondo malato ad un uomo nuovo, sano e vitale, capace di percepire coscientemente ed ecologicamente la globalità e l'unità della vita ed il piacere dell'essere.

Il modello a cui faccio riferimento considera l'uomo come "sistema energetico aperto": esso mantiene un flusso continuo di scambio di informazioni con l'ambiente, è un sistema in stato di equlibrio dinamico ed è dotato di flessibilità e di processi interni autoregolativi finalizzati all'omeostasi ed alla autoriparazione e rigenerazione.

La malattia è intesa come lo sforzo che il sistema attua in modo controllato per ristabilire l'equilibrio. Siamo di fronte a un modello "benefico" di malattia (Lapassade F., 1986) e a un modello biopsicosociale (Bertini M., 1988).

In particolare nel modello igienista la malattia è il mezzo che l'organismo adotta per far fronte alla "tossiemia" o intossicazione cellulare profonda e ristabilire l'equilibrio energetico. Diversi fattori concorrono nell'intossicazione e nell'alterazione dell'equilibrio energetico:

  • stress cronici in condizioni di inibizione dell'azione e dell'emozione (Laborit H., 1986) (che alterano il normale funzionamento reciproco del Sistema Nervoso Autonomo e, per il principio della Psiconeuroimmunomodulazione (Spano I. 1990) concorrono nell'indebolire il sistema immunitario e nel disarmonizzare il sistema endocrino);
  • lo stile di vita in contrasto con le leggi della Natura.

In questa sede non mi è possibile approfondire le complesse interazioni dei diversi fattori della salute e della patologia. Rimando a Testa P.(1994) ed ai lavori di Liss (1986), Reich W. (1948; 1949), Merien D.(1985; 1990).

Cionondimeno, intendo sottolineare la portata esplicativa e terapeutica di questo cambiamento paradigmatico del concetto di salutemalattia: essa descrive in modo più efficace e completo la patologia acuta e cronica e la cosidetta malattia psicosomatica, descrivendo l'interrelazione dei fattori ambientali, alimentari, ecologici ed il ruolo dello stress e dell'inibizione dell'azione e dell'emozione .

La malattia acuta è un mezzo di disintossicazione ed eliminazione delle tossine: si pensi alla febbre come aumento della temperatura corporea al fine di realizzare l'ossidazione delle tossine: esso è un processo regolato dall'organismo e che non va quindi soppresso farmaceuticamente. Lo stesso si può dire del vomito, del raffreddore e delle condizioni infiammatorie in genere. Nel modello igienista il ruolo dei batteri e dei virus è secondario, essendo la proliferazione dei microorganismi determinata dal "terreno tossiemico" che offre loro il nutrimento: essi si ridurrano quando la disintossicazione ridurrà loro questa possibilità. L'ipertensione arteriosa ci offre invece un esempio della più complessa patologia cronica: la cronicizzazione della compressione arteriosa è dovuta alla ripetuta secrezione di noradrenalina che accompagna le condizioni di stress in situazione di inibizione cronica dell'azione e che per un effetto di feedback rinforza ulteriormente lo stesso sistema di inibizione (Liss J., 1986). Al tempo stesso il regime alimentare e lo stile di vita concorrono nell' alterazione della parete interna delle arterie.

Per la nota legge sistemica, la patologia verrà risolta nel modo più efficace da interventi simultanei sui diversi livelli di organizzazione del sistema uomo e sulle diverse concause della malattia: il digiuno è un metodo che assolve pienamente a questa esigenza, garantendo modificazioni simultanee a livello biochimico, fisiologico, neurofisiologico e psicologico; gli effetti del digiuno sono inoltre potenziati dall'integrazione con le medicine umanistiche e soprattutto con la psicoterapia e con le tecniche di evoluzione della coscienza. Più oltre si comprenderà in che modo ciò possa avvenire.

Trasformazioni fisiologiche che l'organismo compie durante il digiuno.

L'evoluzione delle modificazioni psicofisiologiche correlate al digiuno segue in genere la curva delle funzioni vitali individuata da Reich W. (1948) : intensificazione della carica con aumento dell'eccitazione energetica sino al punto massimo di non ritorno, a cui sussegue la scarica e quindi il rilassamento ed il benessere.

Così i primi giorni di astensione dal cibo vedono in genere l'intensificazione dei processi di disintossicazioe ed eliminazione da parte degli organi emuntori, con aumento del livello di tossiemia del sangue e quindi con leggera acidificazione e corrispondente sintomatologia.

Questo può portare alle cosidette "crisi di disintossicazione fisiologica e psicologica che si possono manifestare sotto forma di sintomi come emicrania, nausea, irritabilità, ansia, astenia , raramente febbre.

Questa sintomatologia non si verifica in ogni digiunante e dipende da diverse variabili come il livello di disintossicazione, la condizione psicologica ed energetica ed anche la prerarazione alimentare, che ha la funzione di remineralizzare e disintossicare l'organismo permettendo l'armonico dispiegarsi delle modificazioni correlate al digiuno.

Nell'approccio integrato le crisi di disintossicazione sono ulteriormente limitate dal lavoro psicoenergetico e dal contatto relazionale empatico che permette di liberare le cariche energetiche compresse, di sciogliere le tensioni e favorire il rilassamento e la purificazione del corpo e della mente. L'intervento nel momento dell'eliminazione delle tossine dovrà tener conto delle condizioni di sensibilità dell'organismo a digiuno e di quanto precedentemente riportato relativamente alla patologia acuta come mezzo adottato dall'organismo per ridurre il livello di intossicazione e ristabilire l'equilibrio energetico: si eviterà perciò di bloccare il sintomo ricorrendo a farmaci o a qualsiasi metodo che non rispetti l'ecologia dell'organismo, semplicemente lasciando scemare spontaneamente e fiduciosamente la crisi.

Una puntualizzazione a questo punto è necessaria: il terapeuta o l'equipe che assiste il digiunante deve aver maturato una profonda conoscenza dei meccanismi regolativi dell'organismo e una consapevole fiducia nella vis medicatrix naturae e nelle capacità dell'Inconscio.

L'assistenza al digiunante è soprattutto un'assistenza empatica di con-tatto relazionale per "con-tenere e con-prendere" l'intera persona e aiutare il fluire delle energie a livello fisiologico o comunicativo: si tratta soprattutto di non intervenire e di "lasciar essere" il sintomo. Questo paradosso del non agire, tipicamente taoista, è il principio guida che permette l'evoluzione naturale e spontanea dei fenomeni del digiuno, dall'iniziale difficoltà per accedere al ben-essere del corpo disintossicato e rilassato.

E' chiaro che quanto vado affermando si può realizzare solo con una formazione olistica che preveda la crescita personale e relazionale oltre che professionale. Il digiunoterapeuta dovrà aver approfodito inoltre la conoscenza della fenomenologia del digiuno, in particolare dei segnali caratteristici del lavoro degli organi emuntori, e saprà riconoscere il momento dell'interruzione del digiuno nel caso di esaurimento delle riserve ( che si può verificare comunque in tempi che si prolungano notevolmente oltre la media abituale e sicura dei 515 giorni) e nel caso di eventuali scompensi emotivi, ansie o paure eccessive.

Rimando alla bibliografia per gli approfondimenti relativi alla semeiotica del digiuno. (Shelton H., 1974; Magnano S. ,1989).

L'intenso processo di disintossicazione è possibile a partire dal risparmio energetico dovuto alla particolare condizione di riposo fisiologico ed al fenomeno dell'autolisi (Shelton H.,1986; Boudreau, 1991). L'autolisi è il processo attraverso il quale il corpo si nutre delle proprie riserve alimentari, determinando la liberazione delle tossine dai depositi che sono stati assorbiti dall'organismo.

Questo meccanismo è mirabilmente guidato e controllato ed evidenzia le straordinarie capacità di adattamento e trasformazione del corpo umano: dal livello cellulare a quello organico il corpo è in grado di disintegrare, assorbire e rigenerare parti di sè danneggiate o non più funzionali.Così durante il digiuno vengono attivati determinati processi di autofagia che seguono mirabilmente un ordine precisamente delineato: vengono dapprima consumati i tessuti e le riserve che nell'economia generale dell'organismo hanno minore funzionalità, mentre i tessuti vitali e le proteine muscolari non vengono intaccati se non in stati di inanizione che vanno ben oltre le fasi del digiuno terapeutico. Durante il digiuno, precisi meccanismi regolano il fabbisogno di nutrimento del corpo garantendo il risparmio proteico, poichè il glucosio indispensabile è tratto dapprima dalla riserva del glicogeno epatico e in minima parte dalle proteine endogene e successivamente dal catabolismo degli acidi grassi. (Whilelmi De toledo, 1991). Le riserve dei minerali e delle vitamine garantiscono in genere la sicurezza del digiuno medio di 515 giorni, soprattutto se è stata condotta regolarmente l'alimentazione nel momento del pre-digiuno: nei casi di debilitazione o di patologie gravi si garantirà il minimo apporto necessario di vitalie attraverso l'assunzione di piccole quantità di succhi freschi di frutta o verdura. (va detto che nel caso di patologie gravi è consigliabile alternare brevi digiuni a periodi da alimentazione crudista e dieta disintossicante).

I processi fisiologici della disintossicazione e dell'autolisi hanno una notevole valenza terapeutica: le osservazioni cliniche, di cui la letteratura è a conoscenza, riportano casi di guarigione anche eccezionale rispetto ai tradizionali sistemi terapeutici.

I vari autori riportano risultati notevoli nella guarigione delle malattie acute e di malattie croniche anche gravi, come diversi tipi di tumore (Shelton H, 1986 ), per l'effetto dell'autolisi e dell'aumentata funzionalità del sistema immunitario.

I miglioramenti riscontrati includono le malattie del metabolismo (ipercolesterolimia, iperglicemia), con la riduzione dei trigliceridi, dell'aterosclerosi, e con il riassestamento del rapporto tra LDL ( che si riduce) e HDL (che aumenta) (Simeone S., 1991).

IL digiuno è stato utilizzato nel trattamento dell'obesità con buoni risultati, che possono essere stabilizzati dall'intervento psicologico che aiuta nel cambiamento dello stile di vita (Sidhwa K., 1991).

Lo stesso dicasi per il tabagismo e per le dipendenze in genere, dal momento che il corpo a diguno rifiuta spontaneamente l'assunzione di sostanze tossiche.

Passebecq A.(1991) riporta risultati interessanti nella malattia cardiocircolatoria, sottolineando l'importanza dell'alimentazione mineralizzante precedente al digiuno.

Tra gli effetti fisiologici è sicuramente il ringiovanimento delle cellule e dei tessuti del corpo che si evidenzia nel generale aspetto più rilassato e vivace, caratterizzato dalla lumninosità che esprime la salute olistica: gli occhi si schiariscono e diventano più brillanti, la pelle si distende acquistando un colore ed un tessuto migliore. (Shelton H.,1986; Morgulis S., 1923 ).

In sintesi, il digiuno è uno strumento terapeutico efficace nelle diverse forme della patologia: esso permette di perdere peso in modo fisiologico ed equlibrato, provoca l'autolisi delle crescite anormali, ristabilisce l'equilibrio biochimico e psicoummunoendocrinologico, permette agli organi del corpo di riposarsi fisiologicamente promuovendo il recupero energetico e spesso l'autorigenerazione (Wilhelmi De Toledo F., 1991).

La metodologia del digiuno è quindi sicuramente degna di attenzione, oltre che sicura, ed ha una notevole potenzialità terapeutica che può essere implementata ulteriormente dall'integrazione con le medicine umanistiche e con le metodologie della psicoterapia: quest'ultima agisce nella direzione del ristabilimento dell'equilibrio emotivo e dell' elaborazione dell' aspetto psicologico e del vantaggio secondario della malattia: la guarigione, spesso si può relizzare solo dopo che la persona a livello inconscio abbia rinunciato alla malattia e alla sua "abitudine" , avendo trovato valide e più efficaci alternative ad essa.

Se gli effetti sono notevoli e degni di attenzione scientifica, le controindicazioni al digiuno riguardano i casi di grave debilitazione, con elevato tasso tossiemico, ridotta disponibilità energetica e minima riserva di vitalie: in questi casi, valutati dall'esperto digiunoterapeuta, si prescrive una dieta crudista, a base di frutta fresca e verdure, a cui solo in un eventuale secondo momento si alterneranno brevi periodi di digiuno

Aspetti psicologici del digiuno

Allorchè una persona digiuna si verificano contemporaneamente diverse modificazioni dell'ambiente interno ed esterno.Queste modificazioni hanno un effetto essenzialmente destrutturante sulle attività psichiche e funzionali dell'Io, fenomeno che si manifesta nella generale regressione delle modalità comportamentali, con allentamento delle difese rispetto al mondo emotivo e con depotenziamento del pensiero associativo e logico che si caratterizza in forme di pensiero analogiche, talvolta irrazionali ma sicuramente creative.Tra gli effetti di questo fenomeno vi sono il miglioramento dell'attenzione, della concentrazione e della memoria: una più fluida lucidità mentale viene sperimentata dal digiunante, con affioramento di idee nuove e creative rispetto ai problemi pratici ed esistenziali.

Durante il digiuno si è più in contatto con il proprio mondo interiore ed emotivo: la particolare condizione regressiva, unitamente alla disattivazione del Sistema di Inibizione dell'Azione, può determinare spontanee scariche di espressione emotiva, che favoriscono l'abreazione catartica e la liberazione degli impulsi e delle tensioni bloccati: è osservabile quindi come l'intera variabilità emotiva, (dalla gioia alla paura alla tristezza alla rabbia), che nelle situazioni quotidiane viene repressa ed inibita, durante il digiuno affiora più facilmente alla consapevolezza e viene più facilmente espressa, comunicata e, soprattutto elaborata ed integrata, divenendo quindi risorsa per la crescita.

La consulenza psicologica favorirà il contenimento emotivo: l'emozione, nel suo significato etimologico di "ex-movere", cioè muovere verso l'esterno, seguirà il suo flusso naturale, divenendo come un fiume che scorre liberamente all'interno dei sicuri argini del gruppo e del lavoro terapeutico.

Dalla liberazione emotiva deriva l'aumentata capacità di rilassamento e la più profonda disponibilità respiratoria e distensiva.

Un dato interessante, strettamente relato alla liberazione emotiva è la perdita di peso, che in alcuni casi di inibizione è limitata nonostante l'astinenza dal cibo e che, una volta espresse ed elaborate le emozioni trattenute, aumenta sensibilmente. Le diverse modificazioni psicofisiologiche sono caratterizzate inoltre da un maggiore collegamento con l'Inconscio, che si può evidenziare nell'emergere di ricordi e di insights spontanei rispetto alla storia e all'esperienza personale. Lo stesso mondo onirico si fa più vivido e ricco, più facilmente rievocabile ed accessibile, condizione elettiva per il lavoro di elaborazione gestaltica e psicologica dei messaggi provenienti dall'Inconscio. Il particolare stato di coscienza alterato, che è diverso da altre condizioni, è dovuto alla deprivazione sensoriale e alle catteristiche modificazioni del biochimismo interno, unitamente alle condizioni ambientali esterne. Durante il digiuno avvengono determinati cambiamenti delle abituali strutturazioni che hanno il ruolo di stabilizzare (Tart C., 1975) lo stato di coscienza ordinario:- si modificano i rinforzi ambientali, le attività quotidiane; la condizione di riposo e l'inattività prevalgono rispetto alla strutturazione della giornata secondo il ritmo dei pasti e dell'attività lavorativa;-si modifica l'imput degli esterocettori (Tart C., 1975): Si affina la sensorialità in genere e gli organi del senso percepiscono la realtà esterna in modo diverso (sicuramente in modo più fluido e raffinato);-varia in maniera notevole l'enterocezione, la percezione cenestesica che informa la mente sullo stato interno del corpo, sul grado di tensione muscolare, sulla temperatura corporea: vengono a mancare le molteplici stimolazioni indotte dall'assunzione del cibo: la lunga catena di sensazioni legate alla stimolazione sensoriale (gustativa, olfattiva, visiva , cenestesica) e di sensazioni interne legate alla digestione, all'assimilazione, alla metabolizzazione e all'evacuazione.

Variano quindi le tre principali sensazioni corporee (Liss J.,1994): la sensazione fetale superficiale, a livello epidermico; le sensazioni legate al movimento muscolare; le sensazioni "ombelicali" e viscerali. Si può comprendere quindi come il digiuno sia utilizzato come strumento di espansione della consapevolezza: esso allenta i meccanismi di radicamento dell'Io alla realtà consensuale, favorendo l'integrazione delle funzioni emisferiche del cervello ed in altri termini, favorendo il collegamento tra conscio ed inconscio. Destrutturandosi le funzioni di stabilizzazione dello stato ordinario di coscienza, la consapevolezza si trasforma in una condizione particolare di sensibilità, recettività ed accesso alla creatività interiore e superiore: si è più facilmente disponibili alla percezione delle energie psicocorporee e dell'emotività che fluisce nelle ondate neurovegetative che attraversano il corpo, così come si è più facilmente permeabili rispetto alla percezione della dimensione transpersonale e spirituale dell'esperienza della vita.

Al tempo stesso la particolare condizione di alterità dello stato di coscienza e la consapevolezza delle dimensioni psicoenergetiche e transegoiche possono essere implementate dalla meditazione e dal lavoro psicoterapeutico, che facilita ulteriormente i processi mentali secondari e regressivi.

Con Bandler e Grinder (1980) sottolineo che in "uno stato alterato di coscienza la persona dispone di un maggior numero di possibilità di scelta, diversa da quella di cui dispone nel suo normale stato di coscienza". Dispone cioè di risorse nuove e più adattive, poichè non ha più il consueto "modello del mondo", e quindi l'apprendimento e la disponibilità al cambiamento hanno maggiori probabilità di realizzazione.

Il momento del digiuno è, in questo senso, un momento di ristrutturazione degli schemi mentali che orientano l'individuo nel mondo: ristrutturazione che si attua nella possibilità di cambiamento di determinate strutture di credenze, in particolare relative ai processi psicofisiologici dell'organismo: l'esperienza diretta e profonda del proprio corpo che regola in modo equilibrato le funzioni di adattamento all'astinenza da cibo fornisce una nuova concezione evolutiva dei processi inerenti la malattia, la salute e la vitalità energetica.

Così, l'apprendimento della possibilità del digiuno e dell'autoguarigione rafforza il senso di autostima, la sicurezza nelle capacità omeostatiche e rigeneratrici dell'organismo, e in generale la "fede nella vita" così come l'ha intesa Lowen, il quale afferma che "la scoperta che il corpo ha vita propria ed ha la capacità di curarsi da sè e la rivelazione di una speranza. Rendersi conto che il corpo ha la propria saggezza e la propria logica ispira un rispetto nuovo per le forze istintive della vita" (Lowen A., 1982).

Il lavoro psicocorporeo proposto nell'approccio integrato ha come finalità:

  • il contenimento emotivo ed empatico, nonchè la facilitazione della comunicazione;-l'amplificazione ulteriore della consapevolezza della dimensione psicocorporea ed energetica dell'organismo umano, rafforzando ulteriormente la fiducia nei processi organismici e garantendo l'elaborazione dell'esperienza vissuta nel corso del digiuno.
  • la mobilitazione e il consolidamento degli apprendimenti inconsci, al fine di garantirne l'integrazione all'interno della modello del mondo dell'individuo estendendo i cambiamenti ottenuti al contesto relazionale della vita quotidiana.

In tal modo il digiuno diventa uno dei possibili metodi di cui disporre all'interno di uno stile di vita tendente al ben-essere (e non un semplice mezzo a cui ricorrere in caso di malessere e patologia).

A livello psicofisiologico, strettamente connesso con il particolare stato di coscienza del digiuno e con i cambiamenti fisiologici indotti dall'astinenza dal cibo si verifica la disattivazione della cronicità del Sistema di Inibizione dell'azione (Laborit H., 1986) con la riduzione degli effetti dello stress e il ripristino dell'equilibrata reciprocità delle componenti del Sistema Nervoso Autonomo.

La disattivazione del Sistema di Inibizione dell'Azione è dovuta a diverse variabili:

  • in primo luogo la variabile dell'integrazione emisferica di cui si è detto, che consente la consapevolezza e l'elaborazione delle modalità soggettive di inibizione;
  • in secondo luogo la condizione del riposo fisiologico che garantisce il recupero energetico e conseguentemente contribuisce all'assestamento della reciprocità del funzionamento delle componenti del Sistema Nervoso Autonomo ;
  • in terzo luogo il riequilibramento biochimico dell'organismo con la metabolizzazione dei cosidetti "ormoni " dello stress, che verrebbero assimilati dai processi antolitici. (Bringa S. 1991). La metabolizzazione delle catecolammine, dei glucocorticoidi e delle sostanze prodotte dall'organismo in seguito all'iperattivazione del sistema nervoso ortosimpatico produrrebbe un effetto feedback nell'attivare la componente parasimpatica del SNA, fenomeno che si manifesta nell'allentamento delle tensioni psicocorporee e nell'aumentata capacità di rilassamento. Si ipotizza inoltre che l'assimilazione degli "ormoni dello stress" abbia un riscontro, per il principio della psiconeuroimmunomodulazione (Bardi F., 1990), a livello del sistema immunitario e del sistema endocrino.

E' assai probabile che questa dinamica sia una componente dell'aumentata funzionalità immunitaria che viene riconosciuta al digiuno e che fa di questo metodo uno strumento di prevenzione dalla malattia e di promozione della salute.

- in quarto luogo , la disattivazione del SIA è verosimilmente correlata al riassestamento dell'equilibrio acido-alcalino dovuta alla disintossicazione dalla tossiemia: è l'ipotesi del biologo e igienista francese Merien D. (1985), il quale asserisce che il ripristino della normale tendenza alcalina del flusso sanguigno si ripercuote a livello sottocorticale (sistema limbico, ipotalamo, sistema di inibizione dell'azione) disattivando le inibizioni e favorendo quindi l'erpressione emotiva spontanea.

Il digiuno permette quindi la riduzione degli effetti dello stress e soprattutto determina il progressivo dissolvimento delle tensioni muscolari croniche e quindi della "corazza caratteriale" (Reich W., 1973), cioè dell'organizzazione rigida dello psicosoma che si esprime come rigidità psicologica e relazionale ed anche come contrazione muscolare cronica e mancanza di flessibilità del corpo.

Allentandosi le tensioni muscolari croniche, si ha il conseguente emergere del ricordo delle situazioni traumatiche o repressive che ne sono all'origine: spesso il digiuno consente una sorta di ricapitolazione della storia personale.

Questo fenomeno ha un interessante parallelo a livello somatico con l'emergere di patologie passate che erano state trattate allopaticamente e quindi rimanevano latenti all'interno dell'organismo, e che nelle rinnovate condizioni energetiche il corpo riattiva per portare a conclusione, al fine di realizzare una condizione di equilibrio più profonda ed adattiva, con una maggiore riduzione dell'intossicazione cellulare profonda, una condizione di salute vibrante che ben si discosta dalla semplice assenza della malattia.

La disintossicazione ed il rilassamento si possono osservare nell'aumentata vitalità energetica, condizione paradossale rispetto alla concezione comune che prevede l'astenia in caso di astinenza dal cibo. Soggettivamente il ben-essere psicosomatico che si raggiunge con il digiuno è esperibile cenestesicamente nelle piacevoli ondate emotive ed energetiche che testimoniano del fluire armonico della pulsazione vitale; come dice Boadella, "il corpo pulsa dolcemente e talvolta vibra con forza quando i muscoli rilasciano parte dell'energia compressa, ed essa diviene disponibile a nutrire tutta la persona" ( Boadella D., 1987).

Una volta liberate le tossine in eccesso e dopo aver dato espressione agli impulsi ed alle emozioni bloccate, l'organismo è in grado di recuperare la capacità di gioia e di piacere e la vera e propria euforia del ben-essere olistico. Il digiuno è allora l'occasione per trasformare il vuoto (che è vuoto dello stomaco come vuoto interiore, esistenziale, affettivo e quindi assenza dell'amore) nel pieno della percezione del Sè corporeo ed energetico, nella riappropriazione del corpo che pulsa piacevolmente ed è "riempito" dalla respirazione e dalle sensazioni che lo attraversano come le onde del mare e lo nutrono profondamente e totalmente.

Così, durante il digiuno ci si nutre delle riserve immagazzinate nei depositi ma soprattutto della relazione con se stessi e con le altre persone: la funzione del gruppo non è solo di sostegno e condivisione ma è soprattutto di nutrimento affettivo ed energetico.

Da quanto detto finora si può comprendere il digiuno come particolare condizione regressiva che favorisce l'integrazione delle funzioni emisferiche con il conseguente accesso alle risorse inconsce e con la naturale disattivazione del Sistema d'Inibizione dell'Azione. In sintesi fenomeni i psicocorporei osservabili clinicamente nel periodo dell'astensione dal cibo in condizioni di riposo e di ritiro dalle attività quotidiane sono:

  • la maggiore lucidità mentale e la creatività del pensiero;
  • la liberazione delle emozioni inibite, con espressione spontanea e scariche abreative catartiche che interessano l'intera variabilità emotiva.
  • la maggiore capacità di rilassamento, con riduzione degli effetti dello stress;
  • la maggiore sensibilità al mondo interiore, con affioramento di ricordi, immagini ed insights e con accesso più fluido al mondo onirico.

Le trasformazioni fisiologiche e psicologiche sono perciò molteplici e significative e rendono il digiuno uno strumento terapeutico efficace oltre che l'occasione per un profondo viaggio interiore.

Riprendendo ora l'esempio citato dell'ipertensione, si può comprendere come la metodologia del digiuno integrato alle tecniche psicocorporee possa favorire l'autoguarigione, in quanto:

  • si verifica l'evacuazione dei liquidi e soprattutto del cloruro di sodio, riequilibrando ad un tempo i valori ematici del colesterolo e dei trigliceridi e scaricando l' apparato cardiovascolare (Whilelhmi De Toledo F., 1991);
  • viene metabolizzata la noradrenalina e al tempo stesso disattivando il SIA, se ne riduce la secrezione.
  • viene favorito il generale stato di rilassamento dell'organismo.

In tal modo la compressione arteriosa si riduce sensibilmente.

Con l'addozione di uno stile di vita salutare successivamente al digiuno verranno consolidati i risultati ottenuti.

Quanto sinora esposto ricalca l'affermazione che il digiuno è un processo regolato mirabilmente dall'unità psicofisica che è l'uomo, e che, strutturato nella metodologia sinora indicata, non è solo uno strumento sicuro e controllato, ma è soprattutto un mezzo che permette all'organismo di autoguarirsi. Tuttavia il digiuno non viene tuttora utilizzato e preso in considerazione dagli approcci terapeutici attuali.A mio parere la spiegazione di questa indefferenza rispetto a metodo così efficace e promettente è duplice:- da un lato (sociologico-epistemologico) il modello teorico che spiega il fenomeno digiuno e salutemalattia vorrebbe dire effettuare un cambiamento di paradigma che rivoluzionerebbe le strutture di credenze su cui si fondano gli approcci medici tradizionali con conseguente destabilizzazione del sistema di cura attuale. Per questo motivo è auspicabile, più che una fervente opposizione tra i diversi sistemi terapeutici, una integrazione e un'attenta valutazione scientifica per evidenziare i limiti, le potenzialità e le indicazioni della pratica del digiuno.

Ma dall'altro lato (psicologico), la paura del digiuno è riconducibile a dinamiche psicologiche ed inconsce ben precise, che l'astensione dal cibo richiama: infatti, l'atto del nutrirsi ha un significato psicologico aggiuntivo rispetto alla semplice funzione biologica: il cibo è il primo mezzo di scambio tra il bambino e il mondo (la madre in primo luogo) attraverso il quale il bambino inizia l'apprendimento della realtà ed attraverso il quale viene trasmesso il messaggio dell'amore e del contenimento materno.Così attorno all'atto del nutrirsi si struttura la relazione bambino-altro e quindi bambino-"mondo"."Il nutrimento viene identificato con l'amore nella maggior parte dei bambini in età molto precoce" (Lowen A.,1982). Le psicopatologie legate al cibo, come l'anoressia e la bulimia, testimoniano dell'ipervalore simbolico investito nel cibo che viene alternativamente vissuto come "oggetto" dal quale ottenere la gratificazione primaria (amore, sicurezza) o sul quale scaricare le tensioni aggressive e l'ansia esistenziale. La paura del digiuno va inserita in questa dinamica, ove l'astensione dal cibo può voler significare il rinunciare alla sicurezza dell'amore simbiotico: come riteneva Alexander I. (1950) la paura di morire di fame equivale alla paura infantile di non essere amati; ed è il nucleo dell'insicurezza ontologica di cui parla Laing R. (1969) cioè di quella particolare modalità di essere nel mondo che implica una minima fiducia in se stessi e negli altri, con la continua preoccupazione di controllare ed anticipare gli eventi della vita, e quidi con l'incapacità di vivere il presente e di "lasciarsi essere". Così la paura del digiuno è la paura dell'incontro con se stessi, con la propria "ombra", con il vuoto, con le parti di se stessi non integrate, la paura dei processi ritmici vegetativi e delle ondate di energia che attraversano il corpo al di là del controllo razionale, la paura quindi della propria istintualità come della disidentificazione dagli aspetti egoici della personalità.

L'atto del digiunare quindi va ben oltre alla semplice finalità della guarigione fisiologica: nella misura in cui astenersi dal cibo significa sperimentare la separazione del legame con la materia-Madre-realtà consensuale e trascendere la paura dell'ignoto, del vuoto, della non-identificazione, la pratica del digiuno diventa uno strumento, unitamente alla meditazione, per la realizzazione psicologica e religiosa, intendendo il termine religioso nel senso etimologico del termine (re-ligo, collego di nuovo): ricollegare l'uomo a se stesso, alla sua esperienza attuale, alla sua dimensione globale e biopsicospirituale.

Il digiuno è allora uno dei diversi strumenti a disposizione dell'uomo per realizzare il processo di crescita interiore e di attualizzazione delle potenzialità latenti: mi riferisco ai modelli della psicologia umanistica (Maslow A., 1966) e della psicolgia transpersonale ed in particolare al modello di Ken Wilber (1981) che intende lo sviluppo dell'uomo come un progressivo evolversi da una fase di funzionamento pre-egoico (istintuale, prelogico) ad una fase di identificazione egoica (razionale, materiale) per raggiungere gli stati superiori di sviluppo transegoici (spirituali, contemplativi, trascendentali).

E' un percorso che passa attraverso la presa di coscenza che conduce al decondizionamento culturale e alla "disintossicazione" dalle informazioni apprese relativamente alla realtà consensuale, per riappropriarsi delle diverse dimensioni dell'essere al mondo, delle potenzialità di guarigione, trasformazione e consapevolezza, per raggiungere la più completa esperienza dell'essere e riscoprire gli stati di coscienza spirituali e globali.

Il digiuno si affianca in questo percorso alle tecniche di evoluzione della coscienza (dalla psicoterapia all'ipnosi, alla meditazione in senso lato) poichè rappresenta un'esperienza fondamentale al decondizionamento, di disentificazione e relativizzazione del materiale e dell'egoico e consente di raggiungere un maggiore livello di libertà, piacere e naturalezza oltre che di rispetto interiore ed esteriore.

Il digiuno è una particolare condizione che rafforza ulteriormente le potenzialità della meditazione, favorendo la sincronizzazione emisferica e gli stati di coscienza di pura attenzione e presenza; è uno dei metodi per raggiungere le dimensioni superiori della coscienza e per realizzare la pace interiore e la capacità dell'essere umano di funzionare in modo integrato ed equilibrato a partire dal "cuore".

Disintossicando il corpo e la mente, il digiuno favorisce l'apertura dei centro energetici e in particolare del centro del cuore (Spiezia M., 1991), che presiede alla facoltà dell'amore e della compassione: l'effetto di questa purificazione energetica si riperquote a diversi livello dell'essere, poichè "la guarigione del chackra del cuore comporta il giusto equlibrio tra tutte le nostre parti e la equidistanza da richieste eccessive che rischiano di travolgerci (...); ci permette di definire con chiarezza i confini in cui ci sentiamo stabili e protetti, trovando il giusto rapporto con gli interlocutori esterni(...). In tal modo guarisce la paura d'amare (...)" (Vincelli N.A., 1996), e con essa la persona recupera la stabilità e si riappropria del proprio centro interiore trasformando le paure, le ansie, le inibizioni in accettazione e realizzando la crescita di una consapevolezza più illuminata , capace di percepire quanto di insondabile permea l'esperienza dell'essere.

E qui, addentrandomi nel regno dell'ineffabile e dell' inesplicabile, concludo il mio intervento poichè, come ci ricorda Lao Tszu, "il Tao di cui si può parlare non è il Tao" ed invito chi mi ascolta all'essenziale esperienza del digiuno e della meditazione.

Bibliografia

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http://www.neurolinguistic.com/proxima/articoli/art-28.htm

giovedì 20 dicembre 2007

Sulla Carne

Sulla Carne

UN’UMANITA’ IN PAUROSO DECLINO FISICO, E NON SOLO

La carne causa più malattie del fumo di sigaretta

ma i nutrizionisti invitano la gente a mangiare la carne

di Franco Libero Manco

L’attuale condizione di malattia del genere umano non conosce precedenti. Mai come in questo frangente storico l’umanità è malaticcia, bisognosa di cure, flagellata da un numero impressionante di malattie. Nonostante le immense risorse umane e i fiumi di denaro impegnate dalla ricerca medica per neutralizzarne gli effetti delle malattie, ogni anno nel mondo muoiono 17 milioni di persone per infarto (500.000 solo in Europa) e una persona su tre nell’Occidente muore di cancro, (140.000 morti ogni anno solo in Italia). 180 miliardi di dollari vengono spesi negli Stati Uniti solo per cure contro il cancro, mentre in Italia i nuovi casi di cancro ogni anno sono 300.000 con una spesa di 50.000 miliardi delle vecchie lire. Nella sola Europa le spese per curare il solo raffreddore superano quelle dell’istruzione scolastica. Il 75% della spesa sanitaria in Italia e in Europa viene assorbita per curare gli effetti della cattiva alimentazione.

Pare che l’industria della carne in Usa (dove attualmente il 12%del PIL viene speso in cure mediche) ha causato più morti di tutte le guerre del secolo scorso. La sanità Usa riconosce solo 3 milioni di cittadini sani su un totale di 250 milioni di individui. Ben 42 milioni soffrono di ipertensione, l’80% della popolazione è affetta da reumatismi e 3 persone su 4 sono colpite da infarto o cancro: (il cancro infantile è il killer numero uno tra i bambini). Un ragazzo su 5 (sotto i 17 anni) porta malattia disabilitante. Il 50% della gente ha problemi digestivi cronici: La costipazione in Usa colpisce 190 milioni di individui, cioè 9 persone su 10. Un terzo della popolazione è sovrappeso e un terzo degli americani è carente di calcio. Inoltre, gli effetti collaterali dei farmaci sono la 4^ causa di morte negli Stati Uniti. L’infarto, fino al 1940 era pressoché sconosciuto, oggi le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte nel mondo occidentale; nel 1900 una persona su 30 moriva di cancro,oggi ne muore una su tre. E la causa è da attribuire alla cattiva e innaturale alimentazione: le proteine animali che se ne consumano 3 volte in più del necessario, 7 volte più grassi, 6 volte più zucchero e 10 volte più colesterolo e si assumono un terzo delle fibre necessarie.

Domanda: dal momento che la specie umana è la sola tra tutte le specie del regno animale ad essere colpita da infarto e da malattie degenerative e dal momento che le statistiche ufficiali dell’OMS ci informano che il 75% delle malattie sono dovute alla cattiva alimentazione e il 34% delle neoplasie è attribuibile al consumo di carne ed un altro 30% è attribuibile al fumo di sigaretta; dal momento che chiunque sarebbe incriminato a invogliare pubblicamente la gente a fumare un pacchetto di sigarette al giorno, non è forse altrettanto irresponsabile quanto criminoso consentire ai nutrizionisti televisivi di invitare la gente a mangiare la carne?

Consideriamo anche che il fattore cancro dovuto all’inquinamento incide solo per il 2%, così pure le droghe e l’esposizione ai raggi UV, mentre l’obesità, i rischi professionali e le infezioni incidono per il 5%, mentre le malattie genetiche incidono circa per il 10%.

E considerando anche che nessuno studio ha mai dimostrato che i residui di pesticidi, presenti in quantità infinitesimale nella frutta e nella verdura, possono essere causa di cancro è logico supporre che non sono i prodotti chimici i massimi imputati ma la carne in se stessa. Infatti, un esperimento condotto dall’Università inglese di Cambrige nel 2001 in cui sono stati coinvolti 40 000 soggetti, bambini, adulti, anziani dei due sessi per 20 anni di seguito, ha dato il seguente risultato finale tra i vari gruppi (carnivoro, onnivoro, vegetariano, lattoovovegetariano, vegano e crudista): il gruppo crudista rivelava totale assenza di malattie, quello vegano gli andava abbastanza vicino, quello vegetariano veniva in qualche modo punito, i gruppi carnivoro e onnivoro presentavano alti tassi di incidenza di malattie cardiache e cancro. Un’altro studio condotto su 78 000 donne condotto per 12 anni ad Harvard ha dimostrato che i soggetti che assumevano latte 3 volte al giorno presentavano un numero di fratture assai più alto delle donne che non consumavano latticini. E dal momento che i vegetariani ed i vegani non necessariamente consumano prodotti esenti da contaminazioni chimiche, è facile dedurre che la causa delle malattie è attribuibile non tanto agli inquinanti chimici quanto ai prodotti animali e derivati nei quali, tra l’altro si concentrano in misura 10 volte superiore che nei vegetali.

Gli attuali noti nutrizionisti televisivi sembrano pateticamente programmati per negare ad oltranza qualunque correlazione tra carne e malattie sociali. C’è una sorta di tacito e complice accordo, una sorta di omertà diffusa tra loro ed i mezzi di informazione di massa: quello di non attribuire mai alla carne la causa delle malattie. Che cosa intendono quando in modo laconico e sfuggente parlano di prevenzione e di cattiva alimentazione? Se la frutta e la verdura hanno valore protettivo per la nostra salute da che cosa ci proteggono? Come può esserci un cambiamento dello stile di vita se i nutrizionisti affermano che quando non si consuma la carne occorre alternarla con il pesce, i formaggi o le uova? Praticamente ritengono necessario inserire ogni giorno nella dieta comune prodotti di origine animale, cioè quei prodotti che sono la causa stessa delle malattie che con il cambiamento di stile di vita essi fingono di voler combattere.

Quindi, se questi dati sono veri (come lo sono) restano solo due opzioni: o i nutrizionisti-cadaveriani non sono bene informati (cosa alquanto improbabile) oppure sono in mala fede. Ma io dico che essi danno alla gente comune quel che la gente chiede, non quello di cui la gente ha veramente bisogno per vivere bene, progredire sul piano etico, salutistico e soprattutto acquisire una mentalità critica che possa consentire ad ognuno di essere artefice della propria condizione fisica, mentale, morale e spirituale. Questo coincide con la politica delle grandi multinazionali di settore e, naturalmente, torna a beneficio ai suoi rappresentanti.

giovedì 6 dicembre 2007

Lista Link

Schiacciando col mouse il sottotitolo qui sopra, avrete la Lista completa di tutti i link a cui fanno riferimento i nostri documenti in formato piu leggero: si tratta infatti, della loro posizione nel Block Notes virtuale fornito sempre dalla Google incorporetion.

Per chi volesse invece scaricarli nel formato piu tradizionale, per esempio word, preghiamo cercare fra i "Siti Amici", il link a "i Nostri Documenti" appunto.

mercoledì 5 dicembre 2007

visione igienista

LA VISIONE D’INSIEME di Daniele Bricchi

ARGOMENTI TRATTATI: conoscere la reale storia della medicina, autogestione della salute senza farmaci, il sistema Igienista Naturale, vaccinazioni: l’altra faccia della medaglia, A.I.D.S. l’altra verità, oppositori alla teoria microbica, cibo biologico o cibo fisiologico, generi superflui e fame nel mondo, vegetarismo (motivazioni etiche, salutistiche, ecologiche).


Da anni sono impegnato su temi e argomenti, di cui farò un accenno, che ritengo fondamentali ed estremamente importanti: promovendo informazione (la nostra arma migliore), conferenze, facendo tavoli divulgativi, petizioni, distribuendo decine di migliaia di volantini ecc. Un lavoro duro perché anche dall’area “alternativa” sono stato troppe volte ignorato, isolato e qualche volta attaccato.

In certi momenti lo scoramento in me era tale da domandarmi se avevo ancora la forza di andare avanti, ma poi pensando ai riscontri e risultati avuti, e soprattutto a quello che devono subire le vittime della disinformazione e dell’egoismo, ho sempre trovato nuovo entusiasmo.


Cercherò sinteticamente di esporre alcuni dei temi in questione.

Mi sono convinto che la causa di tanti guai è il procedere senza avere una veduta d’insieme, una visione globale, l’approfondire un particolare argomento inconsapevoli o dimenticando che ogni cosa è strettamente interconnessa con tutto il resto.”Lo specialista è colui che studia un particolare

in modo sempre più approfondito sino al punto di capire tutto a proposito di nulla”.


Facciamo l’esempio di qualcuno che sceglie il campo della salute e che si laurea in medicina (la stessa cosa vale anche nel caso scelga una medicina non convenzionale), limitandosi a credere ciecamente a quello che ripetono come pappagalli le persone, le scuole, i giornali, la televisione, le università; all’atto poi di lavorare sulle persone, con tutta probabilità procurerà a chi si fiderà di lui seri danni che si sarebbero potuti evitare.

Procedendo invece con una visione globale, preferibilmente prima di specializzarsi, dedicando tempo a conoscere la storia delle medicine, senza limitarsi ingenuamente a consultare solo autori ortodossi (forse chi vende vino dice che il suo vino non è buono?), approfondendo in particolare la reale storia della medicina ufficiale, allopatica, di stato, (considerando che si è così fortemente consolidata nei nostri paesi ricchi e industrializzati), otterrebbe conoscenza, consapevolezza, maturità superiori, tali da originare scelte di qualità estremamente migliori.


Per usare le parole di Ivan Illich (1926 – 2003 ) tratte dal suo “Nemesi medica” questa medicina ha operato “l’espropriazione della salute”, ovvero “la medicalizzazione della società”.

Quello che faccio è proporre e segnalare una ricca e vitale realtà di autori, conferenze, pubblicazioni di seri ricercatori, divulgatori, storici della medicina, naturopati, giornalisti scientifici e medici dissidenti, che coraggiosamente svelano i misfatti, gli inganni di cui è impregnato il sistema medico e ci permettono di conoscere le basi, le fondamenta, la nascita e lo sviluppo di questo sistema.

Enorme è la sorpresa e la rabbia di chi approfondisce l’argomento.

A dir poco scadenti sono i presupposti scientifici, a scapito di un numero enorme di malcapitate vittime.

La diffusione della medicina chimica, chirurgica, che mutila, che sopprime i sintomi, che mai rimuove le cause e che ha avuto il sopravvento sulle altre medicine, è avvenuta con la corruzione per i forti interessi che erano in gioco (e che lo sono ancora), condizionando l’impostazione medica e la ricerca sino ai nostri giorni. Di fronte a queste affermazioni sono ancora tanti a voltare lo sguardo altrove ridacchiando increduli, dimostrazione di quanto culturalmente profondo sia il lavaggio del cervello subito.




Mi sono occupato del problema delle vaccinazioni, per cui la solita enorme disinformazione

nasconde una altrettanto grande truffa.

Ad esempio dei vaccini ci dicono:

  1. che ad essi si deve l’eradicazione delle malattie endemiche;

  2. che il vaccino dà immunità (vale a dire che non ci si può ammalare della malattia per la quale siamo stati vaccinati);

  3. che i danni causati dai vaccini sono estremamente rari e lievi, mentre i benefici che apportano sono infinitamente superiori.


Queste affermazioni sono totalmente false e per convincerci di ciò, non dobbiamo fare altro che usufruire di una grande quantità di informazioni disponibili sull’argomento, anche e soprattutto da fonti scientifiche internazionali della stessa medicina ufficiale.

Eppure, se chiediamo più informazioni e rassicurazioni al nostro medico o all’ufficiale vaccinatore,

ammesso che non si arrabbi, ci racconterà le solite cose, senza dire nulla di quanto si trova nella letteratura scientifica, un po’ fingendo di non sapere e spesso, soprattutto, ignorando anche di essere lui stesso incastrato in un sistema che è molto più grande di lui.


La pratica vaccinale è un serio pericolo per la salute. Organizzammo una serata su: “Vaccinazioni utili o dannose? Parliamo anche dei rischi”. Il preparatissimo relatore, Giorgio Tremante, con dati, grafici e statistiche ci mostrò “ l’altra faccia della medaglia”, spiegando anche, il perché se avesse saputo prima certe cose, avrebbe potuto evitare il dramma che colpì la sua famiglia (2 figli morti ed uno cerebroleso). Danni da vaccino confermati e risarciti dalle autorità solo dopo lunghe traversie legali. Pensate che in ospedale avevano anche contraffatto le cartelle cliniche pur di non ammettere il danno da vaccino.


Darò un minimo di dati: in Europa l’obbligo vaccinale esiste solo in Italia e in Francia mentre negli altri paesi europei è facoltativa, solo che in Italia abbiamo l’obbligo del vaccino per l’epatite B, che i francesi hanno abolito nel 1998; vale a dire che siamo gli unici al mondo ad avere questo vaccino obbligatorio. E se pensiamo che l’ex ministro De Lorenzo, autore di questo provvedimento, ha confessato in tribunale di aver intascato denaro dal produttore del vaccino per far passare la legge, e che, per convincere i votanti, dichiarò in parlamento numeri sull’incidenza dell’epatite assolutamente immaginari, c’è da pensare che sia uno scherzo o che siamo in una gabbia di matti; infatti non si è ancora abrogato l’obbligo di tale vaccino la cui nocività è ben documentata.


La malattia endemica ha una curva che aumenta o decresce a seconda dell’esistenza o meno di certe condizioni, a prescindere dalla diffusione o meno dei vaccini. Per esempio, quale vaccino ha debellato scarlattina e peste bubbonica? Quando la peste arrivava in città come Roma o Firenze uccideva metà dei suoi abitanti, ma ad un certo momento venivano meno certe condizioni e si verificava la regressione spontanea. Il vaccino non esisteva, ma se a quel tempo fosse esistito un vaccino, i medici ora ci racconterebbero che ad esso andava il merito dell’eradicazione di quelle flagellanti malattie.

I dati evidenziano talvolta l’inutilità delle vaccinazioni e talvolta, addirittura, la recrudescenza della stessa malattia dal quale il vaccino pretendeva di proteggere:

La vaccinazione di massa contro il vaiolo fu resa obbligatoria in Gran Bretagna nel 1853, con gravi punizioni per chi non si fosse sottoposto alla vaccinazione, eppure nel solo periodo 1871- 72 (17 anni dopo l’inizio della campagna vaccinale) 23.000 inglesi morirono di vaiolo, tra cui il 90% di loro erano vaccinati (prima dell’arrivo dei vaccini si arrivava mediamente a 1000 casi all’anno nelle epidemie più gravi).

La Germania, registra in pochi anni 125.000 morti per vaiolo, e ciò dopo 35 anni di regime di vaccinazione forzata stabilito per legge, che aveva costretto a vaccinare tutti i neonati, rivaccinare i bambini all’inizio delle scuole, poi di nuovo alla scuola secondaria, quindi ogni adulto sano che entrava per la leva nell’esercito veniva vaccinato di nuovo.

L’enciclopedia britannica (9^ edizione ) riporta che dei 30.742 casi di vaiolo in Baviera nel 1871, 29.429 si erano verificate in persone vaccinate. Dopo queste esperienze le autorità di questi paesi furono costrette a ricercare le cause altrove, a responsabilizzarsi attuando una serie di provvedimenti igienici rivolti a migliorare la salute pubblica (riguardanti fognature, rifiuti, filtrazione dell’acqua dei fiumi per uso civile) e le grandi epidemie di vaiolo non tornarono più.

Tali argomentazioni non potrebbero essere più attuali relativamente ai paesi in via di sviluppo; infatti un rapporto UNICEF precisa che “nel mondo una persona su cinque non dispone sempre di acqua pura e di condizioni igieniche accettabili”, eppure la stessa UNICEF assegna il 45% dei fondi alle vaccinazioni, mentre solo il 17% è destinato all’acqua e all’igiene.


Numerosi sono i casi documentati in cui la regressione di una particolare malattia, come ad esempio la difterite, avveniva contemporaneamente sia nelle città e paesi vaccinati, sia in quelli non vaccinati.

Ci sono casi in cui veniva semplicemente cambiata la “base” delle statistiche, ingannando così il pubblico. E’ il caso della polio, infatti negli USA nel 1953 cambiò il modo di diagnosticare, di definire e ciò portò ad un abbassamento istantaneo di polio, ma in pratica l’effetto principale della diminuzione è da attribuirsi al fatto che non venivano più conteggiati i casi di polio lieve e benigna, ma solo i casi con paralisi …e poi in Italia prima del 1966 (anno dell’obbligo della vaccinazione antipolio) la distrofia muscolare si chiamava poliomielite, e venivano regolarmente inseriti nei casi statistici di paralisi da polio. La distrofia muscolare era quasi sconosciuta (come nome) prima delle vaccinazioni, e oggi in Italia vi sono 150.000 casi circa.

Come si evince dai grafici ISTAT frequenti sono i casi in cui il vaccino è introdotto e diffuso dopo una spontanea e quasi totale regressione della malattia, come ad esempio nel caso di difterite, polio, pertosse, ecc.


Ci sono poi le reazioni avverse ai vaccini:

Dati epidemiologici mostrano che nel 95 - 98% delle persone che vengono in contatto con il virus della poliomielite la malattia non attecchisce. Inoltre, il 90 – 95% di questa frazione la contrae nella forma benigna che decorre clinicamente in pochi giorni. Nel 3 - 5 % dei casi colpisce in forma “aparalitica”, che pure guarisce spontaneamente senza lasciare traccia, anche se un po’ più noiosa.

Tra lo 0,1% e l’ 1% si hanno i sintomi delle poliomieliti gravi, anche paralitiche. L’O.M.S. riporta che su 34 nazioni in via di sviluppo (Africa, America latina) vaccinate contro la polio, 24 hanno registrato un aumento dei casi di poliomielite paralitica, una grave forma di polio che è comparsa solo a seguito delle campagne di vaccinazione antipolio. Prima non esisteva, il decorso della poliomielite era molto meno grave, infatti i casi di polio paralitica sono diventati un fenomeno visibile statisticamente solo dopo l’introduzione del vaccino antipolio. Negli ultimi decenni, negli U.S.A. si sono verificati fino a 5 - 10 casi di polio paralitica in soggetti vaccinati, praticamente quasi il 100% di polio paralizzante.


Negli U.S.A. le segnalazioni di reazioni avverse da vaccino sono 11.000 all’anno, e di queste l’1%

(112) riguardano morti per effetto da vaccino. La F.D.A. stima che ad essere denunciate sono solo il 10% e secondo il Centro nazionale per le informazioni sui vaccini (N.V.I.C.) a New York solo un

medico su 40 (2,5%) conferma che una morte o una malattia sia conseguente alle vaccinazioni: come dire che il 97,5% delle morti e delle malattie correlate ai vaccini verrebbero regolarmente ignorate. Paradossalmente il vaccino sarebbe 100 volte più mortale della malattia.

Numerosi studi fanno risalire alle vaccinazioni la SIDS ( sindrome da morte infantile improvvisa) molto diffusa nei paesi più ricchi e quindi più vaccinati. Per risarcire i casi di bambini morti o resi disabili dai vaccini, il governo federale americano sborsa in media 90 milioni di dollari all’anno.


L’Italia è stato l’ultimo paese in Europa a dotarsi di una legge per il risarcimento delle vittime da vaccinazione (210/92), e da allora sino all’inizio del 2000 sono stati risarcite per danno irreversibile o morte da vaccino 300 famiglie, cui vanno aggiunte le circa 30.000 domande di risarcimento in fase di istruttoria, e si tenga conto che pochi conoscono e si avvalgono di questa legge. I danni da vaccino possono essere i più disparati, e possono manifestarsi a breve termine come la SIDS, l’encefalite, la meningite, l’autismo, il diabete, l’asma, le allergie ecc. o ad effetto tardivo come la sclerosi multipla, il lupus, l’Herpes Zoster ecc.


Quello che ho scritto in queste righe è solo una briciola di quello che potete scoprire approfondendo l’argomento.

Molti genitori, infranti nel vedere i loro piccoli gravemente danneggiati dichiarano (giustamente) che nessuno aveva detto loro che c’erano anche dei rischi e che nessuno li aveva avvertiti della necessità di informarsi prima; ma voi, se avete letto queste righe, non potete dire altrettanto.

Io credo che, come gia esistono in molte province, sia necessario formare coordinamenti di cittadini, genitori, medici, per la libera scelta sulle vaccinazioni, contro l’obbligo vaccinale, per fare informazione, per sostenere coloro che per il bene dei propri figli, vogliono evitare i vaccini, per aiutare chi ha subito un danno da vaccino a veder riconosciuto tale danno, ad ottenere il rispettivo risarcimento ed adeguate assistenza e cure per rimediare a quel tipo di danno, poiché l’assurda tendenza a negare ostinatamente l’esistenza di danni da vaccino di fatto nega ai bimbi o adulti danneggiati l’accesso agli accertamenti diagnostici, ai servizi riabilitativi, a terapie adeguate e questo porta spesso ad aggravare la loro situazione per effetto delle terapie non consone ricevute.

Il movimento Italiano contrario ai vaccini esiste da almeno 20 anni, e la sua costante crescita ha portato anche a risultati legislativi, per cui attualmente rifiutare i vaccini è molto più facile che in passato, mentre un decreto legge ha aperto definitivamente le porte della scuola ai bambini non vaccinati. Chiunque voglia rendersi utile e fare parte di questo movimento è davvero benvenuto.


Senza dubbio, il modo più adatto per migliorare, recuperare e mantenere la salute nostra e dei nostri figli è acquisire la conoscenza che ci permette di identificare le vere “condizioni” che causano i disturbi, e su di esse operare attenuandole o rimuovendole.

Deludente è la posizione della medicina ufficiale in questo senso. Basti pensare alla insignificante presa di posizione della pur potente classe medica contro il degrado ambientale o contro il dilagare dei cibi spazzatura comunemente in commercio.

Queste intuizioni e sensibilità sono indubbiamente più marcate in ambito delle medicine non convenzionali ed è il tema principale del sistema “Igienista Naturale”, un metodo per la cui diffusione sono impegnato da molti anni.

La scuola igienista mira a far comprendere le basi della salute, le vere cause dei disturbi, gli agenti naturali indispensabili alla vita, la vera interpretazione dei sintomi, l’insospettata capacità di autoriparazione dell’organismo. E’ la vera scienza di salute di base che dovrebbe essere insegnata universalmente in modo da essere a disposizione di chiunque voglia avvalersene.


L’igienismo è altrettanto valido sia come prevenzione, sia per fronteggiare disturbi già manifestati e non è affatto raro che nei centri igienisti trovino risposte valide anche persone considerate “senza speranza” dopo aver provato inutilmente tutte le altre terapie.

E’ un metodo poco conosciuto fondamentalmente per due motivi: 1) è estremamente anticommerciale sia perché non è basato su prodotti o rimedi da vendere, sia perché porta l’individuo ad una notevole capacità di autogestione della sua salute, con la conseguenza che i suoi nemici sono tutti coloro che fanno parte di questa grande “macchina” della salute, delle terapie da cui traggono enormi profitti; 2) è un metodo che implica il cambiamento delle nostre abitudini, mentre la tendenza diffusa è quella di cercare ingenuamente un “rimedio” che permetta di stare bene senza dover modificare il “modus vivendi”. Questa società di certo ha contribuito a diffondere l’idea che l’adozione di una sana abitudine si associ all’idea di tristezza, privazione, rinuncia, mentre andrebbe associata all’idea di un regalo che si fa a sé stessi, di liberazione da una schiavitù, di conquista, di salute, leggerezza, energia, gioia, armonia con il tutto.

Per non dire che l’adozione di metodi che “sopprimono” i sintomi invece di rimuovere le vere cause portano a lungo andare (e spesso in breve termine) a vere e ben più amare rinunce.


Tra le cose che ripeto da anni è che il metodo igienista è il più ecologico, economico e il più adatto a tutti coloro che sono veramente interessati all’autogestione della salute senza farmaci.

E’ veramente raro incontrare qualcuno che ha letto, studiato la letteratura igienista tanto da conoscerne bene almeno la teoria. Personalmente, con estremo piacere, continuo ad approfondire l’argomento perché gli aspetti della vita e i campi di utilizzo che tocca sono vasti. Comunque da

anni sono in grado e disponibile ad aiutare persone con problemi di salute, di dare informazioni, di organizzare soggiorni igienisti per diete depurative, digiuni terapeutici assistiti o per liberarsi da dipendenza da tabacco con l’ausilio di un metodo.

Grazie all’igienismo da decenni non uso più alcun tipo di farmaco ed ho risolto positivamente una serie di problemi come una forma di depressione, gastrite, epatite c, disturbi alla vista (portavo occhiali da 22 anni) e sterilità.


Un altro tema che decisamente merita maggiore divulgazione è quello dei medici e ricercatori dissidenti che chiedono un riesame dell’ipotesi Hiv = Aids = morte. Tra loro troviamo anche virologi di fama internazionale e premi Nobel per la chimica. I loro lavori dimostrano molti sporchi meccanismi della medicina ufficiale, mostrano l’inutilità e dannosità dei trattamenti medici propinati ai positivi al test, l’inattendibilità dei test, l’ inesistenza delle prove che il virus Hiv esista e che causi la sindrome, la maggiore salute di chi rifiuta i farmaci, le droghe e si affida ai rimedi naturali. Un interessante riassunto del lavoro di questi autori si può trovare nel sito: www.laleva.cc “Menzogna, mistificazione e montagne di dollari: AIDS, l’altra verità. Tutto quello che non vi hanno mai detto sull’AIDS”.


La teoria microbica del resto ha avuto forti oppositori sin dal tempo della sua primitiva formulazione da Pasteur e Koch, infatti si convinsero presto della falsità della teoria eminenti personalità scientifiche del tempo come il Prof. Pettencofer, microbiologo dell’università di Vienna che arrivò nel corso di una affollata lezione a bere una immonda coltura di vibrioni del colera dicendo allegramente: ”vediamo se mi prendo il colera”. Non lo prese. O come il Prof. Claude Bernard, il più eminente anatomista francese che si oppose nettamente privilegiando il ruolo fondamentale svolto dal “terreno”, cioè la capacità del sistema immunitario di sconfiggere o meno le invasioni dei microbi assolutamente inevitabili perché ubiquitari.

Ovviamente gli igienisti non hanno mai dato credito alla teoria microbica anteponendo ad essa la teoria della tossiemia ed enervazione. (vedi “Tossiemia” del Dott. J.H.Tilden)


Riguardo agli alimenti biologici di cui sono un sostenitore dai tempi in cui eravamo in quattro gatti a farlo, mi sento di affermare che, se è aumentata la consapevolezza dell’importanza del cibo biologico, non è altrettanto aumentata la consapevolezza del “fisiologico”, vale a dire quella conoscenza che ti permette di capire quali sono gli alimenti fisiologicamente, biologicamente adatti alla nostra specie, al nostro sistema digestivo.

Un alimento non adatto alla nostra specie non diventa adatto semplicemente coltivandolo senza chimica. Non si creda che il solo fatto di alimentarci con cibi biologici, anche se positivo, sia sufficiente a garantire una buona nutrizione o una buona salute.

Sul termine “naturale” regna una grande confusione. Sui banchi dei negozi di “alimenti naturali” vanno a ruba veleni nervini, nonché eccitanti del sistema nervoso come tè, caffè, cacao e poi alcolici, aceto, zuccheri di estrazione, latte vaccino, formaggi, carni, seitan, cocacola bio, cereali, legumi ecc. ecc. Nessuno di questi generi è veramente adatto alla nostra specie e alcuni di essi andrebbero totalmente banditi perché vera spazzatura, mentre altri andrebbero usati con moderazione e in certe circostanze ne andrebbe almeno temporaneamente sospesa l’assunzione come nel caso di legumi e cereali. Per esempio, il biologico non annulla l’effetto tossico del bromo contenuto nel caffè e cacao, dell’alcool etilico delle bevande alcoliche, dell’acido urico e dei grassi saturi della carne, dello squilibrio che produce uno zucchero di estrazione, dei danni che produce il latte vaccino ecc. Il biologico non neutralizza né l’effetto acidificante di questi generi né la tossiemia accumulata per l’eccesso di proteine e per l’errata associazione degli alimenti nello stesso pasto, che viene generalmente praticata.

Nemmeno la soia non ogm e i sui derivati sono un alimento così sano, come viene generalmente pubblicizzato; vedi l’interessantissimo articolo: “Prodotti di soia, tragedia e imbroglio - Il terzo simposio internazionale sulla soia”. Apparso su NEXUS – Sito internet: www.nexusitalia.com

Per molti non è nemmeno chiaro il salto di qualità che c’è tra un alimento crudo e fresco e uno cotto: ma guardiamoci attorno, tutto ciò che vive è crudo!

Riguardo l’approvvigionamento dei generi biologici è preferibile nel limite del possibile coltivare e produrre con le nostre mani ciò che ci serve, e/o acquistare direttamente da produttori con cui abbiamo rapporti di fiducia, onde evitare di regalare le nostre energie a ecofurbi che speculano e che fanno i trattamenti chimici di nascosto.


In ambito di commercio equo e solidale, a mio avviso varrebbe la pena si tenesse pure conto che generi come zucchero di canna, tè, caffè, cacao non sono necessari ne sani, ma danno dipendenza, ci inducono a sprecare le nostre energie di riserva e acidificano il sangue. Di conseguenza agiscono come predatori dei nostri minerali, poiché l’organismo per fronteggiare il disequilibrio arrecato deve attingere dalle nostre riserve, ossia dalle ossa e dai denti; comunque, per una serie di ragioni, sono cause primarie di malattia, generi degenerativi, bisogni indotti e generi di lusso che arrivano a noi da paesi lontani implicando trasporti piuttosto inquinanti, con quel carburante per cui si fanno le guerre.

Per avere questi generi superflui noi dei paesi ricchi abbiamo imposto ai paesi poveri la creazione di monocolture deforestando, desertificando e rubando spazio alle vere colture alimentari.

Le affermazioni che seguono sono tratte dal n° 94 del Cedoc rassegna, periodico pacifista terzomondista del centro per la pace di Fidenza, dove Jean Nke Ndih, pour Attac – Cameroun pur commentando in modo negativo le direttive del Parlamento europeo per la riduzione del cacao nel cioccolato, dice: “…è un vero tradimento contro i paesi tropicali che hanno accettato di saccheggiare le loro foreste per produrre quantitativi sempre maggiori di cacao richiesto da molte multinazionali in Europa” e “se i contadini non avessero tagliato le loro foreste, continuerebbero a ricavarne l’essenziale per la loro sopravvivenza”. e aggiunge: “la coltura del cacao ha sconvolto non solo l’ambiente, ma anche le strutture sociali ed economiche dei paesi tropicali”.


Mi rimane come ultimo argomento (ma non come importanza) la questione vegetariana che abbraccia contemporaneamente temi di salute, ambiente, fame nel mondo, non violenza, diritti degli animali.

Non mi soffermerò a parlare della dannosità per l’uomo degli alimenti di origine animale, il cui dato di fatto è così bene e abbondantemente documentato anche nella letteratura medica, e non insisterò neppure sulle altrettanto ben documentate prove della superiorità della salute dei vegetariani, specie se informati.

Gli studi di anatomia e fisiologia comparate dimostrano che confrontando tra di loro il sistema digestivo (inclusi i denti) delle varie specie, erbivori, carnivori, onnivori, frugivori, l’uomo è da collocare tra i frugivori. I moderni testi di medicina negli U.S.A. ci dicono che possiamo vivere benissimo e meglio senza carne; eppure molti medici ignoranti continuano a dare indicazioni senza nessun fondamento scientifico, consigliando tanta carne e prodotti animali in genere, condizionati anche da obsolete e antiscientifiche conclusioni come quelle estrapolate da esperimenti sulle proteine condotte sui ratti negli anni 30!

Da anni propongo uno stile alimentare vegetariano non affidato al caso, ma basato su un piano nutrizionale che si avvale di quanto di meglio sappiamo in questo campo e quindi tendenzialmente vegetaliano-igienista, per evitare i guai che arreca la disinformazione alimentare.

Quando nell’’1982 ho iniziato a fare i primi passi evitando carne e pesce, le persone iniziarono a chiedermi la ragione di quella scelta, ed io tentavo timidamente di spiegare; ma ora accade che sono io a chiedere: perché non sei vegetariano?

Il premio Nobel per la medicina Renato Dulbecco asserisce:”ho adottato una dieta vegetariana e la consiglio come misura antitumorale”. E dello stesso avviso si dichiara Umberto Veronesi.

E’ certo che al consumo di alimenti di origine animale sono riconducibili le attuali prime cause di morte ed un lungo elenco di disturbi che affliggono specialmente gli abitanti dei paesi ricchi e grandi consumatori di questi prodotti.


Abbiamo poi la questione della fame nel mondo i cui dati da tempo sono stati dimostrati in tutte le salse. Persino il World Wacth Istitut ha lanciato l’allarme: ”i carnivori stanno distruggendo la terra”. Tutti dovrebbero leggere il libro di Jeremy Rifkin, “Ecocidio” in cui l’autore dimostra con una quantità impressionante di dati, che una delle principali cause della fame nel mondo, se non la principale, è rappresentata proprio dagli allevamenti intensivi a scopo alimentare, che tolgono risorse essenziali ai paesi più poveri a vantaggio delle nazioni più ricche, esageratamente carnivore.

Nella foresta amazzonica il 72% della distruzione è causato dagli allevatori di bestiame (secondo l’Istituto Mondiale delle risorse). Di fatto, gli allevamenti intensivi sono la principale causa della deforestazione in atto in molti luoghi del pianeta; inoltre sono responsabili dell’80-90% delle emissioni di ammoniaca che provocano le piogge acide mentre le deiezioni di questi animali sono una delle cause che determinano l’incremento dell’effetto serra.

L’allevamento intensivo prevede un consumo d’acqua 70 volte maggiore rispetto a quello utilizzato per le coltivazioni (per produrre una tonnellata di carne bovina occorrono 31.500 metri cubi d’acqua, mentre per produrre una tonnellata di cereali ne occorrono 450).

Allo stesso tempo un miliardo e mezzo di esseri umani non ha accesso all’acqua.


Come ha affermato l’economista indiano Amartya Sen, vincitore del premio Nobel nel 1998: “La fame è il risultato del non avere abbastanza da mangiare. Non è il risultato del non esserci abbastanza da mangiare”.

I sociologi concordano nel ritenere che il problema della fame nel mondo derivi da una ineguale distribuzione delle risorse, per cui il 20% degli abitanti della terra consuma l’80% delle risorse e l’altro 80% si accontenta di spartirsi il 20% restante.

Nel 1984 in Etiopia, durante la gravissima carestia che ha fatto morire di fame migliaia di persone ogni giorno, parte dei terreni erano coltivati per ottenere foraggio per l’alimentazione dei bovini europei. Nella maggioranza dei casi, durante le carestie degli ultimi 50 anni, il cibo è stato sottratto a chi moriva di fame per essere esportato verso i paesi ricchi per nutrire bestiame (e i governanti discutono per giorni di interventi per risolvere la fame nel mondo).

La FAO ha calcolato che il 78% dei bambini che nel mondo rischiano di morire di fame, vivono in paesi che hanno un surplus di produzione agricola che, in larghissima parte, finisce proprio a soddisfare le richieste degli allevatori dei paesi ricchi.

Le produzioni animali consumano la gran parte delle risorse agricole. Venti chilogrammi di proteine vegetali servono a produrre un solo chilogrammo di proteine animali: in un mondo vegetariano nessuno morirebbe di fame, e il cibo sarebbe addirittura abbondante per tutti gli abitanti del pianeta.


In conclusione chi magia carne deve rendersi conto di che impatto umano e ambientale ha la sua dieta. Poiché il pianeta è uno solo, ci aspettano feroci guerre per accaparrarsi i terreni fertili, le acque per irrigarli e il pescato, se non vi sarà una più equa distribuzione delle risorse e se i paesi poveri continueranno a copiarci.

I numerosi ecologisti, pacifisti, terzomondisti che non sono vegetariani, non considerano, a mio modesto avviso, quell’aspetto fondamentale che è la coerenza.

Ma le cose si muovono infatti secondo l’Eurispes, il numero dei vegetariani (2002) in Italia è intorno a 2.900.000 e in continua crescita.

“Chiudete pure gli occhi e orecchie quando scorrono in televisione le immagini dei bimbi somali, ma rammentate che ogni vostro boccone di bistecca sottrae un pasto intero ad uno di quei bambini”.

Queste sono le parole dell’onorevole Carla Rocchi che ha presentato in parlamento una proposta di legge per la tutela dei consumatori vegetariani e il rispetto dovuto dalle istituzioni pubbliche ai cittadini che hanno compiuto questa scelta, e in particolare chiede che sia sempre presente nei menù una completa dieta vegetariana in tutte le mense pubbliche, private o convenzionate, nei ristoranti, nelle caserme, negli ospedali, negli istituti penitenziari, nonché nelle scuole di ogni ordine e grado.


Molte cose hanno in comune Vegetarismo, diritti degli animali, animalismo, antirazzismo, pacifismo, se così non fosse, un vegetarismo motivato solamente da ragioni salutistiche ed ecologiche non ci porterebbe tanto fuori dal solito modello antropocentrico (ed egoista), ossia l’uomo al centro dell’universo.

Vorrei ricordare che tanti tra i padri del pacifismo sono stati fondatori e propugnatori del vegetarismo.


Molti non sanno che Aldo Capitini, detto il Gandhi italiano, fondatore 51 anni fa dell’Associazione Vegetariana Italiana fu anche il fondatore di Azione Nonviolenta e della marcia per la pace Perugia Assisi. Capitini organizzava durante la seconda guerra mondiale, gruppi di antifascismo nonviolento per cui fu più volte arrestato e sottoposto a periodi di detenzione. Docente di filosofia, acceso antifascista, vegetariano, pacifista meriterebbe di avere un posto di maggior rilievo nella nostra storia. Vedi: Aldo Capitini – La sua vita, il suo pensiero – di Giacomo Zanga – edizioni Cresci-


Vegetariani e animalisti lottano per un mondo nel quale la violenza su uomini e animali sia bandita totalmente e dove ogni essere vivente abbia il diritto di vivere con dignità.


Così si esprime uno dei più accreditati uomini di scienza del nostro tempo, l’oncologo Umberto Veronesi: “Lo specismo connota nei riguardi degli animali un atteggiamento non dissimile da quello tipico del razzismo nei riguardi delle altre razze umane. Così se centocinquanta anni fa, che un bianco uccidesse (o torturasse) un negro senza ragione, poteva sembrare un fatto complessivamente accettabile nella morale corrente di allora, oggi che un essere umano uccide un animale non umano, senza ragione è per la maggioranza degli uomini un fatto accettabilissimo”.


Dovremmo abolire al più presto le feste sadiche con strazio di animali, la corrida, lo spettacolo con animali del circo, la vivisezione ecc. ecc., perché immorali, diseducative e devianti per la scienza.


Il famoso etologo Danilo Mainardi così si esprime: “Gli zoo sono indifendibili, contrari a ogni misura di decenza, di umanità, di scientificità.”.


Il grande filosofo tedesco Immanuel Kant così afferma: “Puoi conoscere il cuore di un uomo già dal modo in cui egli tratta le bestie.”.


Lo stesso Aldo Capitini dice: ”Gli uomini arriveranno veramente a non uccidersi tra di loro, quando arriveranno a non uccidere più gli animali.”.


Il medico pediatra nutrizionista Luciano Proietti dice che: “il Vegetarismo dovrebbe essere soprattutto un atteggiamento mentale di rispetto e di amore verso tutti gli esseri viventi. A questo punto diventa automatico rifiutare di uccidere o di sfruttare altri esseri viventi anche se ritenuti inferiori nella scala evolutiva”.


Un pensiero dell’astronoma Margherita Hack: “comunque credo che uccidere qualsiasi creatura vivente, sia un po’ come uccidere noi stessi, le loro sofferenze sono le nostre”.


Il percorso morale e intellettuale dell’uomo ha portato (non tanto tempo fa) ad abrogare la schiavitù, ma rimane ancora tanto da fare; infatti lo stesso tipo di percorso dovrà passare attraverso il riconoscimento dei diritti degli altri esseri viventi, se sapremo essere “la voce di chi non ha voce” (difatti gli animali non hanno voce, stampa, tribunali).

Per molti versi, gli allevamenti ricordano i lager e gli autotreni stipati di animali che vanno al macello ricordano i treni zeppi di ebrei diretti ai campi di sterminio.


L’abitudine di mangiare carne, come accade spessissimo per tante altre abitudini, è tutt’altro che il frutto di una scelta ponderata fatta usando la nostra testa, ma è data dalla passiva accettazione degli usi locali, in particolare di quelle abitudini adottate dalle masse che ci circondano (vedi l’assurda diffusissima dipendenza da caffè e tabacco). Siamo troppo spesso schiavi dei condizionamenti.

Per esempio, avete mai mangiato cadaveri di cani? E di cuccioli? (Sono molto teneri). Sicuramente, leggendo queste parole, qualcuno contrarrà il viso per il disgusto e dirà: “Che cosa significa, mangiare cadaveri di cani?” Ma in base a che criterio si stabilisce quali animali si possono uccidere e mangiare e quali invece no? Si mangiano i polli e i maiali, si mangiano i vitelli. Perché allora non i cuccioli di cane? In effetti in alcune regioni del mondo i cani e i loro cuccioli sono considerati un cibo prelibato e qualcuno considera noi dei barbari, perché mangiamo i vitelli.


Giacomo Leopardi scrisse: “L’uomo non ha sulle bestie alcun diritto…ingiustamente noi

aggioghiamo i tori, e addomiamo i generosi puledri, e tendiamo insidie ai volatili nell’aria…ingiustamente noi ci pasciamo dei loro prodotti, e le nostre mense cuopriamo delle loro carni barbaramente apprestate da crudel cuoco, il quale non arrossisce di disegnar le vivande su bestie ancor vive”.


Così scrisse Gandhi, il padre della non violenza: “ Il nostro progresso spirituale ci farà smettere di uccidere gli animali per nutrirci”.


E così scrisse Platone: “Cari giovani, non vi prenda mai desiderio e amore della caccia per mare, né della pesca con l’amo, di nessuna caccia di animali d’acqua, né di esercitarvi a quella caccia oziosa che si fa con la rete indifferentemente svegli e addormentati. […] Né raggiunga mai alcuno dei giovani l’amore seducente, ma vile della caccia agli uccelli alati”.


Queste le parole di Milan Kundera: “La bontà umana in tutta la sua purezza e libertà, può venire fuori solo quando è rivolta verso chi non ha nessun potere. La vera prova morale dell’umanità, quella fondamentale, è rappresentata dall’atteggiamento verso chi è sottoposto al suo dominio: gli animali. E sul rispetto nei confronti degli animali, l’umanità ha combinato una catastrofe, un disastro così grave che tutti gli altri ne scaturiscono”.


Leonardo da Vinci disse a sua volta: “Tempo verrà in cui la nostra specie giudicherà l’uccisione di qualsiasi animale alla stessa stregua della soppressione di un uomo”.


E Plutarco: “Quale mortale penserebbe di maltrattare una creatura umana, se verso esseri che non sono della sua razza e della sua specie avesse costantemente professato la dolcezza e l’umanità?”.


E Arthur Schpenauer: “La pietà verso gli animali è talmente legata alla bontà del carattere da consentire di affermare fiduciosamente che l’uomo crudele con gli animali non può essere buono. Questa compassione proviene dalla medesima fonte donde viene la pietà verso gli uomini”.


E Pitagora scrisse che: “Quelli che uccidono gli animali e ne mangiano la carne saranno inclini a massacrare i loro simili”. Fino ad oggi però da Pitagora abbiamo accettato in eredità solo i teoremi matematici.


E’ storicamente accertato che i vegetariani sono anche stati perseguitati dalla chiesa cattolica e a questo proposito citiamo solo il movimento religioso dei Perfetti catari diffusosi in Occitania (Europa occidentale) nel secolo XI, che adottò dieta vegetariana (o meglio vegana, escludendo anche latte e uova), vita povera e semplice. Questi precursori di S. Francesco furono ben presto additati dalla chiesa come “eretici” e perseguitati. Nel 1144 vi furono i primi roghi di catari vegetariani. Il Papa Innocenzo III scatenò una vera e propria crociata contro di loro. Da allora questi “eretici” furono identificati per la loro dieta vegetariana inducendo nella chiesa timore e diffidenza verso chiunque rifiutasse cibo di provenienza animale.


Leone Tolstoy, ispiratore di Gandhi sulla non violenza, amato da anarchici e antimilitaristi scrisse saggi contro chiese, stati, armamenti, scrisse su ecologia, igienismo, liberazione delle donne, contro la caccia e dal suo saggio sul Vegetarismo (Il primo gradino) traggo queste parole: “Se l’uomo cerca seriamente e sinceramente di progredire verso il bene, la prima cosa di cui si priverà sarà l’alimentazione carnea. Il suo uso infatti, è immorale perché comporta una azione contraria alla morale, l’assassinio, causata solo da ingordigia e golosità!”.


Mi fermo perché è impossibile citarli tutti.

Io auspicherei che non ci si dimenticasse di tutte queste cose quando andiamo a fare la spesa (sempre per quella questione della visione globale e d’insieme di cui parlavo all’inizio).

Sono naturalmente disponibile per chiunque volesse avere con me uno scambio di idee.

Piacenza aprile 2003


-Movimento diffusione Igiene Naturale Via P. Pinetti 91/4 – 16144 Genova – Tel. e Fax 010 / 823427


-Associazione per la scienza della salute (sistema igienista) Via. Capitan Casella 9/15 , 0122 Roma Ostia Tel 06 / 56324967


-Associazione Vegetariana Italiana (AVI) centro vegetariano La SCELTA Viale Brianza, 20 – 20127 Milano Tel. 02 / 37011615 e-mail: info@vegetariani.it - http://www.vegetariani.it


-CO.M.I.L.VA. (Coordinamento del Movimento Italiano per la Libertà di Vaccinazione) referente Water Pansini - Trieste Tel. 040 – 393536 www.comilva.org - presidente Claudio Simion e-mail: claudio.simion@comilva.org


-CO.N.DA.V. (Coordinamento Nazionale Danneggiati da Vaccino) WWW.condav.it

c/o Nadia Gatti

Tel. 0375-220254 – 333-2463095 e-mail: gatti.condav@libero.it